gli interventi sulla perdita di coscienza irreversibile
Il 20 ottobre 2000, motivato dal caso di Eluana Englaro (in stato di morte cerebrale dal gennaio 1992), il Ministro della Sanità Umberto Veronesi ha nominato una commissione per valutare la opportunità della nutrizione e idratazione nei soggetti con perdita di coscienza irreversibile (“Gruppo di lavoro su nutrizione e idratazione nei soggetti in stato di irreversibile perdita della coscienza”). Hanno fatto parte del gruppo (“gruppo Veronesi-Oleari”) Fabrizio Oleari (dirigente del Ministero e coordinatore), Massimo De Vincenzi, Giacomo Marramao e Amedeo Santosuosso. All’interno del gruppo ho avuto il ruolo di responsabile della parte neurologica.
Nella relazione conclusiva (Bioetica, vol. 2, pag 1-15, 2001) il gruppo di lavoro, con atteggiamento molto realistico, ha suggerito che, in linea con l’opinione di gran parte delle associazioni neurologiche mondiali, la condizione di irreversibilità può essere confermata dopo uno o due anni di osservazione (in alcuni paesi un solo anno). Sulla questione principale l’avviso del gruppo di lavoro è stato che “nell’idratazione e nutrizione artificiale in individui in SVP (Stato Vegetativo Permanente) viene somministrato un nutrimento come composto chimico (una soluzione di sostanze necessarie alla sopravvivenza), che solo medici possono prescrivere e che solo medici sono in grado di introdurre nel corpo attraverso una sonda nasogastrica o altra modalità, e che solo medici possono controllare nel suo andamento, anche ove l’esecuzione sia rimessa a personale infermieristico o ad altri”.
Si è affermato quindi che nutrizione e idratazione sono manovre di competenza medica e non di assistenza generale e che devono essere erogate quando le condizioni mediche lascino prevedere una ripresa della coscienza e non quando la perdita di coscienza appaia irreversibile. Ho sostenuto questa posizione in dibattiti, convegni e riunioni, fino alla conclusione giudiziaria della tragica vicenda di Eluana Englaro. Come debbano essere considerate nutrizione e idratazione è stato il tema principale nelle passate e recenti discussioni parlamentari sul testamento biologico, poiché se sono manovre mediche vanno valutate nell’ambito dell’etica medica, che esclude l’accanimento terapeutico; se invece sono semplici misure di sostegno sfuggono a norme etiche della medicina e diventano operazioni soggettive e caritatevoli.
Le conclusioni del “gruppo Veronesi-Oleari” non sono state accettate da una successiva Commissione Ministeriale del 12 settembre 2005, presieduta da Domenico Di Virgilio (“Sugli stati di bassa responsività cerebrale”) comprendente i neurologi Placido Bramanti, Giuliano Dolce, Rita Formisano, Gian Luigi Gigli, Anna Mazzucchi, Caterina Pistarini, Paolo Maria Rossini, Maria Rachele Zylberman. La Commissione Di Virgilio ha ritenuto che l’assistenza di base debba includere l’idratazione, la nutrizione, l’igiene personale, la mobilizzazione e il riscaldamento, che debba essere mantenuta indipendentemente dalle condizioni neurologiche e che la sua sospensione costituisca un atto di eutanasia omissiva. Pareri simili sono stati espressi dal Consiglio Superiore di Sanità, presieduto nel 2008 da Franco Cuccurullo, da un nuovo Gruppo di lavoro ministeriale del 15 ottobre 2008 presieduto da Eugenia Roccella e in diverse sedi (trasmissioni radiofoniche e televisive, Commissione affari sociali della Camera, Pontificio Consiglio per la Pastorale sanitaria, Accademia Scienza e vita e ovviamente organi di stampa) da Paola Binetti, Gian Luigi Gigli, Paolo Maria Rossini, Eugenia Roccella.
Alla fine di questa lunga polemica, e a distanza di 17 anni, le conclusioni del “gruppo Veronesi-Oleari” sono state adottate nella nuova legge sul Biotestamento (n. 2801 del 20 aprile 2017, “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”), che nell’art. 4 (Disposizioni anticipate di trattamento) stabilisce che “ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”, considerate quindi atti medici. “Il dichiarante può anche indicare una persona di fiducia – fiduciario – che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e le strutture sanitarie”. Inoltre, stabilisce al comma 6 dell’art. 1 che “Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò è esente da responsabilità civile o penale”. In sostanza, si nega che il medico possa rifiutare la norma per obiezione di coscienza.