Si impara, nel bene e nel male, da tutte le frequentazioni, ma devo limitare i nomi. Luciano Garello, Adolfo Brusa, Carlo W. Loeb mi hanno introdotto alla neurologia, Franco Giberti alla psichiatria. Ho appreso l’eleganza dell’esame neurologico da Giovanni Alemà, che ho frequentato per anni, a Genova e a Roma. A Genova, Gianfranco Rossi, fisiologo della scuola di Giuseppe Moruzzi, mi ha trasmesso il rigore nella ricerca scientifica; Mario Parma mi ha insegnato a leggere scienza. Con Nicola Dagnino, Emilio Favale, Giandomenico Sacco e Andrea Seitun a Genova, Neri Accornero, Alfredo Berardelli, Enrico Bertini, Amedeo Bianchi, Giorgio Bini, Giorgio Cruccu, Carlo Di Bonaventura, Anna Teresa Giallonardo, Cesare Iani, Maurizio Inghilleri a Roma, e molti altri, abbiamo consumato ore e ore sperando che l’esperimento riuscisse.
Giorgio Bini, perduto a 33 anni, fra collaboratori e allievi ha un posto speciale nella mia mente e del nostro gruppo. Si era avvicinato alla neurologia per una tradizione familiare (era nipote di Lucio Bini, uno dei massimi psichiatri italiani), per l’amicizia con Neri Accornero, e dopo un’esperienza non soddisfacente in Architettura. Si è rivelato presto, partecipando al gruppo che studiava la trasmissione sensoriale, un collaboratore efficiente e brillante, e una persona molto piacevole nella vita dentro e fuori dal laboratorio, dotato di humor e di stile. Ho pensato di inviarlo nel laboratorio di Karl-Erik Hagbarth, a Uppsala, in Svezia, ove si studiava un argomento simile con una tecnica di recente messa a punto, la registrazione delle singole fibre sensoriali del nervo umano (nota come “microneurografia”). È entrato rapidamente “in partita” pubblicando con il gruppo di Hagbarth, a Uppsala e poi a Roma, alcuni lavori che hanno lasciato il segno e vengono ancora citati. In Svezia è rimasto due anni e ha anche trovato la compagna, Anna Turic, che ha sposato al ritorno a Roma. Aveva una passione per la motocicletta. Con la BMW e con Anna è partito, nel luglio del 1981, per una vacanza in Grecia. Una gomma bucata, una caduta, un ematoma intracerebrale e pochi giorni di vita. Un grande dolore per tutti noi. Lo ricordiamo sempre con affetto e piacere, io, Maddalena e i nostri figli che si divertivano alle sue uscite (sovrapposte all’accento genovese dominante nella famiglia, insegnava battute in romanesco).
Parlando di Giorgio, voglio ricordare anche Lucio Bini, suo zio. Fu con Tullio Bazzi autore di un fondamentale trattato di psichiatria; con Ugo Cerletti ideò la terapia elettroconvulsivante, il primo trattamento realmente efficace delle psicosi.
Di quanti hanno tracciato la mia strada, e sono i maestri, voglio estendere il ricordo di Piero Gabrielli, Cornelio Fazio e William M. Landau.
Piero Gabrielli (1924-1994): la solidarietà sociale
Fin dal primo incontro, nel 1987, in una riunione sulla epilessia a Palazzo Valentini, mostrò la carica e tensione morale che lo animavano. Ottimo giocatore di rugby, terza linea nella Rugby Roma e nella nazionale italiana, trasformò la sua popolarità e una dolorosa vicenda personale in una spinta verso una medicina sociale. “Devi arrenderti solo quando l’arbitro ti rimanda degli spogliatoi”, e con questo spirito ha fondato “Mille bambini a via Margutta” per portare sulle pagine dei giornali i problemi dei bambini con disabilità. Con la stessa volontà divenne un testimone dell’epilessia, contribuendo a fondare e a sostenere la Fondazione FOREP. Il suo noto ristorante in via Margutta gli aveva permesso di entrare in contatto con artisti e amministratori. Mise a nostra disposizione le sue conoscenze. Unico “non professionista” era altrettanto motivato alla ricerca medica di noi neurologi. “L’epilessia non è il diavolo” diceva riferendosi a un’infelice affermazione di un Pontefice, “ma una malattia che si affronta con la ricerca”.
Cornelio Fazio (1910-1997): la neurologia clinica
Nato a Garessio il 30 marzo 1910, in una famiglia impegnata: il padre Egidio,
Senatore con Giovanni Giolitti, dopo il delitto Matteotti si oppose a Mussolini non sull’Aventino ma in Parlamento. Laureatosi a Torino nel 1935, inizia a studiare la anatomia del sistema nervoso con Giuseppe Levi, personalità di grande spessore, personaggio centrale nel “Lessico familiare” della figlia Natalia Ginzburg; dal suo
laboratorio sono usciti tre premi Nobel, Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini e Salvatore Luria.
Fin dall’inizio, suo interesse furono le reti vascolari, studiate modificando un metodo di colorazione, divenuto Pickworth-Fazio. Nel 1937 si spostò alla Università di Genova, con Lionello De Lisi, clinico neurologo, che voleva sviluppare la neuroanatomia. De Lisi era un clinico così celebre da meritare un ritratto di Giorgio De Chirico. Nella Clinica delle Malattie Nervose e Mentali di Genova Fazio divenne clinico e organizzatore. Successore di De Lisi nel 1955, trasformò la Clinica in uno dei più avanzati Istituti neuropsichiatrici europei. Famosi i Lunedì della Clinica di Genova, ove i casi complessi venivano discussi dalla anamnesi al controllo autoptico, e ove studiosi italiani e di tutto il mondo concludevano la riunione con una conferenza, cui era un onore essere invitati.
Nel 1969 fu chiamato alla Clinica delle Malattie Nervose e Mentali di Roma, ove rimase fino alla pensione, nel 1980.
Basava la didattica sulla presentazione di casi clinici che coinvolgevano gli assistenti e studenti in una istruttiva schermaglia dialettica. Autore di molti capitoli su trattati (va ricordato per tutti “Vascular pathology of the spinal cord” nel trattato “Pathology of the nervous system” di Jeff Minckler, del 1971), il suo insegnamento culmina nell’imponente “Trattato di neurologia” pubblicato nel 1977 con Carlo W. Loeb, che raduna collaboratori e allievi e che ha subito numerose riedizioni.
L’attività scientifica si svolse principalmente in tre campi: la patologia cerebrovascolare, che Fazio percorse dalla anatomia alla fisiopatologia (la relazione “La patogenesi dell’apoplessia cerebrale” al congresso di Neurologia di Napoli, nel 1952, cambiò la visione dei disturbi cerebrovascolari); le sindromi depressive, di cui studiò la psicopatologia e fra i primi al mondo la terapia farmacologica (dal Simposio sulle Sindromi Depressive organizzato ai Rapallo, nel 1960, è decollata la terapia farmacologica della depressione); la neuroriabilitazione, cui impresse una impostazione scientifica e che per suo merito prese il via in Italia negli anni ’60.
Ebbe numerosi riconoscimenti: premio Lugaro nel 1948, Medaglia d’oro del Ministero della Sanità nel 1970, laurea “Honoris causa” della Università Pierre et Marie Curie di Parigi nel 1975; nello stesso anno Cavaliere della Repubblica Italiana; professore Emerito della Università La Sapienza nel 1986; membro del Consiglio Nazionale delle Ricerche dal 1968 al 1972, del Consiglio Superiore della
Pubblica Istruzione dal 1973 al 1980, del Direttivo Scientifico del Gruppo di ricerca sul circolo cerebrale della World Federation of Neurology, del Comitato sulla dipendenza dalle droghe del Ministero della Sanità dal 1977 al 1980; Socio Onorario della American Neurological Association e della Societè Francaise de
Neuroradiologie.
Fondò con Sandro Agnoli, nel 1973, la Lega Italiana contro la malattia di Parkinson (LIMPE), di cui è stato Presidente fino al 1984, tuttora attivissima col nome di LIMPE-Dismov; nel 1975 lo International Committee for the Prevention of Depression.
Una delle imprese di cui andava maggiormente fiero fu l’impegno nella Resistenza italiana, negli anni del conflitto, che lo vide eludere in maniera geniale la cattura, evento terminato nella letteratura politica di quel periodo, seguita dalla militanza in “Giustizia e Libertà”. Chiuse così il cerchio dell’impegno politico del padre.
Cornelio Fazio è morto a Roma l’11 marzo 1997, lasciando una scuola neurologica che ha mantenuto, nella Università e nell’Ospedale, la sua impronta scientifica e sociale.
Per la Società Italiana di Neurologia ho pubblicato l’omaggio dei neurologi italiani (“In memoriam. Tribute to Cornelio Fazio (1910-1997)”, Ital. J. Neurol. Sci. 19: 126-127, 1998). Cesare Fieschi ha pubblicato una sintesi della scuola di Cornelio Fazio (“The neurological school of Prof. Cornelio Fazio (1950–2010)”, Funct. Neurol. 27: 9-11-2012). La Clinica Neurologica di Genova gli ha intitolato nel 2009 la Biblioteca.
William M. Landau (1924-2017): la ricerca neurologica
Nato a St. Louis, Missouri, il 10 ottobre 1924, crebbe fra cultura, giustizia e diritti civili e rimase fedele a questi principi. Da Chicago, ritornando nel Missouri rischiò di perdere una borsa di studio.
Segue un istruttivo aneddoto: il padre, un abile uomo di affari, si recò a Washington per risolvere l’intoppo con i rappresentanti del Missouri. Contattò Harry Truman, che era all’epoca il senatore del Missouri, e seppe che l’aiuto doveva essere ricompensato in contanti; risolse altrimenti il problema con un rappresentate distrettuale. Landau mi aveva raccontato l’episodio, riportato nella intervista presente nella rete (American Academy of Neurology Oral History Project, interview with William M. Landau; letta il 21-11-2017); aggiunse che Truman dopo essere divenuto Presidente “si mostrò grande”.
Landau svipullò la sua intera carriera a St. Louis, nel Department of Neurology della Washington University: Full professor nel 1963, direttore del Dipartimento dal 1970 al 1991, Emerito nel 2012. La fisiologia del sistema nervoso viveva alla Washington University un periodo di grande sviluppo scientifico. Con l’applicazione dell’oscilloscopio catodico, Erlanger, Gasser e Bishop avevano suddiviso le fibre del nervo periferico e chiarito i loro ruoli funzionali; Erlanger e Gasser ottennero il Nobel, e la esclusione di Bishop lasciò del risentimento.
I suoi interessi scientifici principali sono stati il sistema piramidale, il riflesso di Babinski, la spasticità, il dolore e il rapporto fra calibro e funzione delle fibre periferiche, argomento al quale ho collaborato nel 1966-67, con una borsa di Ricercatore. Era stata proposta da Melzack e Wall una ipotesi sulla origine del dolore in contrasto con l’idea maturata a St. Louis che ogni sensazione avesse una sua specifica linea di trasmissione; l’ipotesi non ha trovato conferma nei miei esperimenti e negli studi successivi.
Assieme a Frank Kleffner descrisse nel 1957 una sindrome epilettica con disturbi prolungati della parola, diventata nota come sindrome di Landau-Kleffner. Ha pubblicato dal 1988 al 1996 su Neurology, la principale rivista americana di neurologia, una serie di 15 articoli (“Clinical Neuromythology”) poi raccolti in un libro, in cui seguendo il rasoio di Occam (“entia non sunt multiplicanda praeter necessitate”) ha criticato con rigore e sottile umorismo complicazioni di concetti semplici e interpretazioni di esperimenti dubbi. Ha usato la forma dialogica e sono convinto che si sia ispirato a Galileo e alla discussione fra Simplicio e Salviati nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano” (Gio Batista Landini, Firenze, 1632). Ammirava di Galileo e nel museo di Firenze aveva fotografato l’urna con il dito di Galileo “eretto a perenne sfida del papa”. Non cercava la popolarità, e questi articoli gli hanno valso il titolo di “socratic gadfly” (leggi “molesto mentore”) della neurologia americana. Impegnato nella giustizia sociale, si occupava anche del City Hospital; ha presieduto la sezione del Missouri della American Civil Liberties Union e sostenuto la assistenza sanitaria nazionale.
Il suo spirito acuto e la sua severa etica professionale, nella clinica e nella ricerca, sono guida e difesa verso teorie azzardate e ipotesi non giustificate. È stato la migliore espressione dell’intelletto americano.
Gli ho dedicato un tributo sulla rivista della Società Italiana di Neurologia (“In memoriam of William M. Landau (1924-2017)”, Neurol. Sci. 39: 5-7, 2018).